Presto detto: è l’economia più grande del mondo e ha accordi di libero scambio con numerosissimi stati.

Approfondendo, ci troviamo dinnanzi ad un paese dotato di una forza lavoro altamente specializzata, formata grazie ad un altissimo livello educativo (oltre 4.000 università e college, incluse 7 tra le 10 più importanti università mondiali), in grado di preparare professionalmente la forza lavoro anche in base alle necessità degli investitori.

La stessa forza lavoro rappresenta però anche un formidabile mercato di consumo in quanto una popolazione di oltre 310 milioni di abitanti e un prodotto interno lordo pro-capite di oltre 47.000 dollari USA si traducono in altissimi consumi interni.

A tutto questo è associato un sistema legale che consente ampia libertà operativa agli investitori esteri, i cui investimenti usufruiscono di un approccio aperto, trasparente e non discriminatorio: le aziende di proprietà USA e quelle di proprietà estera sono soggette allo stesso livello di trattamento.

E’ inutile ricordare che le infrastrutture (strade, ferrovie, porti e aeroporti) sono fra le più sviluppate del mondo.

Inoltre, il mercato immobiliare residenziale statunitense, a seguito della crisi dei mutui sub-prime, ha subito un forte calo, che ha portato a una drastica diminuzione dei prezzi a partire dal 2006 fino al 2011, permettendo di acquisire oggi immobili scontati anche fino al 70% rispetto al precedente valore di mercato e con un mercato degli affitti in forte crescita, sia in termini di prezzo che di domanda, come conseguenza diretta di quanto recentemente accaduto.

Se a tutto questo aggiungiamo poi l’attuale debolezza del dollaro rispetto all’euro, il fortissimo rispetto per la proprietà privata esistente negli Stati Uniti e il fatto che, dopo la crisi degli ultimi anni, i prezzi delle case sono in costante salita, facciamo prima a chiederci “Perché non ho ancora investito negli Stati Uniti?”